Ricordare
Sebastiano Rodante
(1924 - 2016)

 

Gli amici della Sindone

Sebastiano ed io siamo stati “gli amici sindonici”. Così si esprimeva Sebastiano quando ci sentivamo per telefono oppure ci frequentavamo nei convegni in cui la Sindone rafforzava il sentimento di amicizia reciproca. Il primo incontro ufficiale è stato nella sua città prediletta: Siracusa. In realtà eravamo in tre a condividere il piacere di stare insieme; oltre a noi due c’era Giovanni Tamburelli che aveva un amore per la Sindone confrontabile con quello di Sebastiano. La corrispondenza fra i due studiosi era stata continua per scambiarsi idee e risultati: lo scopo consisteva nel sottolineare come molti, studiosi emeriti compresi, non volessero accettare che il comportamento dell’impronta corporea, per la sua indelebilità, intensità dovuta alla densità di fibre scure e tridimensionalità, deponesse a favore della sua autenticità. Il meccanismo di formazione non era noto allora e continua a non esserlo tuttora. Tamburelli lo studiava, con mio continuo coinvolgimento, dal punto di vista fisico matematico e Sebastiano da quello medico-legale: entrambi erano fortemente convinti dell’autenticità del telo sindonico per via delle caratteristiche sopra menzionate. Ma torniamo all’incontro ufficiale con Sebastiano. L’anno è il 1987 e Sebastiano era riuscito ad organizzare un convegno sulla Sindone. Tamburelli aveva insistito affinché anch’io partecipassi all’evento. Conobbi così Sebastiano di persona e fra di noi divenne immediatamente tangibile la simpatia e il rispetto reciproco. L’evento del convegno, di risonanza internazionale, permise agli studiosi intervenuti di esporre i risultati delle ricerche interdisciplinari. I contributi vennero raccolti in un volume degli atti. Sulla copertina era riportata l’immagine del volto priva di ferite dell’uomo sindonico: era stata perfezionata da Giovanni e da me fino a fornire un viso di cui Sebastiano si innamorò e volle che assolutamente campeggiasse sulla copertina dei contributi. Il probabile volto dell’uomo sindonico prima di morire con il supplizio della crocifissione creava infatti un nuovo forte legame fra lui e la Sindone e fra me e Sebastiano. L’immagine era il frutto di elaborazioni informatiche sul contenuto tridimensionale dell’impronta. La caratteristica della presenza della tridimensionalità nell’impronta corporea era un ulteriore punto a favore del fatto che l’immagine sindonica non fosse un artefatto medioevale e ciò riempiva di gioia Sebastiano. Un altro punto a favore dell’improbabile opera di un falsario medioevale. La conoscenza del telo sindonico di Sebastiano copriva un ampio spettro specialmente in ambito medico. Sebastiano è stato un ricercatore, uno sperimentatore che voleva assolutamente provare di persona le ipotesi formulate da lui come da altri ricercatori sulla genesi dell’impronta. C’è da dire che i suoi natali lo facilitarono perché poteva disporre delle catacombe della sua città: l’ambiente dal punto di vista dei parametri di temperatura e umidità era infatti abbastanza simile a quello delle tombe di Gerusalemme. E allora iniziò la sperimentazione con teli imbevuti di aloe e mirra. I risultati si accumularono con soddisfazione e delusione: Occorreva inoltre rispettare lo scorrere del tempo che non doveva superare le 36 ore per evitare l’inizio di fenomeni putrefattivi. Le immagini venivano poi sottoposte all’elaborazione informatica per verificare la presenza della tridimensionalità e renderle così simil-sindoniche. A Sebastiano venne poi un’intuizione unica quella dell’ematoidrosi che permise al ricercatore di ottenere immagini molto più dettagliate, nuovamente sottoposte al vaglio di Tamburelli e di me.

Nacque successivamente un periodo di assidua comunicazione fra noi quando Sebastiano sperimentò, con diverse metodologie, la formazione dell’impronta con il lampo di luce. L’amico sindonico, ossia io, doveva riferirgli costantemente i risultatati emersi con i vari campioni di sperimentazione; Tamburelli ci aveva lasciati consegnandoci il suo bagaglio di sapere sindonologico.

Nacque successivamente un periodo di assidua comunicazione fra noi quando Sebastiano sperimentò, con diverse metodologie, la formazione dell’impronta con il lampo di luce. L’amico sindonico, ossia io, doveva riferirgli costantemente i risultatati emersi con i vari campioni di sperimentazione; Tamburelli ci aveva lasciati consegnandoci il suo bagaglio di sapere sindonologico.

Per quanto riguarda le capacità divulgative di Sebastiano, la vera conoscenza di queste avvenne quando in un discreto numero di volte ci trovammo fianco a fianco a parlare della Sindone. Toccava a lui aprire l’evento e il suo entusiasmo era talmente elevato che il tempo trascorreva senza che gli uditori se ne accorgessero e a me rimaneva un tempo ristretto di intervento. Pazienza: lui era il maestro e io l’allievo.

I nostri incontri scientifici anche epistolari continuarono nel tempo e non cessò in particolare lo scambio di messaggi telefonici per continuare a tener accesa la fiamma dell’amicizia che la Sindone aveva indotto fra di noi.

Sebastiano ed io siamo stati amici per via della Sindone ma la sua preziosità non è riferita alla nostra esperienza di rapporto umano ma nell’amore che ha dedicato alla Sindone e ai numerosi contributi che costellano la sua attività professionale. Gli scritti di Sebastiano sulla Sindone fanno scuola per il loro contenuto scientifico e per la precisione con cui sono stati redatti: sono fonte di conoscenza preziosa.

Dobbiamo ringraziare Sebastiano per i suoi contributi alla causa sindonica e per la sua capacità di farsi volere bene e di esternare i suoi sentimenti di amicizia a chi gli stava attorno.

 


Nello Balossino
 
Vice Direttore
Centro Internazionale di Sindonologia
Torino
 
Direttore
Museo della Sindone
Torino

 

                   
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