Ricordare
Sebastiano Rodante
(1924 - 2016)

 

Un tenace osservatore

“Ho osservato a lungo e per tanti anni il volto sindonico sulla foto a grandezza naturale, scattata dall’Enrie nel 1931”: questa affermazione è contenuta in uno dei paragrafi iniziali del contributo La coronazione di spine alla luce della Sindone del Dottor Sebastiano Rodante, pubblicato all’interno di “Sindon” (Quaderno n. 24, ottobre 1976).

“A lungo” e “per tanti anni” sono le due espressioni che connotano l’osservare la Sindone da parte di questo studioso, e che forniscono una chiara indicazione di quello che è stato il suo atteggiamento di fronte a un mistero – allora come oggi – irrisolto.

Quello che più colpisce, infatti, dei contributi del Dottor Rodante, sono le dichiarazioni di metodo, che appaiono quasi celate da un velo di umiltà all’interno delle sue approfonditissime disamine mediche, e che dimostrano a un tempo la grande serietà di questo studioso oltre al suo profondo rispetto per quanto studiato e per quanti, prima di lui, si sono accostati alle medesime tematiche.
Non entrerò nel merito dei suoi contributi sulla coronazione di spine da un punto di vista scientifico – questo campo infatti non mi compete – ma tengo molto a compiere qualche breve riflessione proprio sul metodo di studio e di ricerca che emerge dai suoi scritti.

All’interno del suddetto articolo, il verbo “osservare”, e una serie di termini strettamente collegati a tale azione, compaiono per ben 15 volte in 13 pagine: ciò testimonia un atteggiamento che si pone di fronte ai problemi scientifici con occhio attento e scevro da qualsiasi volontà di operare forzature rispetto alla realtà dei fatti.

Il Dottor Rodante sceglie di “osservare” la Sindone nelle sue dimensioni reali, nella sua “grandezza naturale”, proprio per avere “la visione ‘reale’ e le dimensioni ‘precise’” di ciò che in quel momento costituiva il suo terreno di indagine, ossia la modalità con cui l’Uomo della Sindone è stato incoronato di spine.

E ancora una volta, a pagina 25, il Dottor Rodante ci dice di aver osservato “a lungo” e “per tanto tempo” le colature di sangue.

Questa sua osservazione così precisa e minuziosa, caratterizzata da spiegazioni chiare ed esaustive pur nella difficoltà dell’analisi medico-legale, ha condotto a risultati del più grande interesse, che lo hanno portato a concludere che la Sindone non può essere un artefatto medievale, in quanto la differenza tra il sangue venoso e quello arterioso (entrambi presenti sul telo) fu scoperta soltanto nel 1593, quando la Sindone era già da almeno due secoli nota e venerata.

Fondamentali sono anche le sue considerazioni sulla direzione delle colate di sangue e sul numero di aculei che dovettero essere confitti sul capo del Soggetto che fu avvolto nel telo (“almeno una trentina di aculei (13 sulla fronte e 20 sulla regione occipitale) perforarono il capo anteriormente e posteriormente”, senza contare quelli che dovettero trapassare le parti laterali del capo, delle quali non è rimasta impronta sul lenzuolo).

Da questa osservazione attenta derivano anche le riflessioni sul fatto che l’Uomo della Sindone dovette sopportare la corona di spine anche durante la atroce permanenza sulla croce, e non solo nei momenti che precedettero l’inchiodamento al legno.

E ancora, solo un osservare attento e corredato da esperimenti condotti dal vero, “sul capo di un teschio”, ha portato Rodante a comprendere quali dovettero essere le dinamiche e le tempistiche in base alle quali la corona (o meglio, il casco) di spine fu posto sopra il capo del crocifisso della Sindone, nei terribili momenti in cui (come proprio la Sindone ci racconta attraverso la voce silenziosa dell’immagine) egli venne sottoposto a percosse e colpi tremendi.

Ma vi è un’altra considerazione di metodo che emerge analizzando gli scritti del Dottor Rodante: il grande rispetto da lui tributato ai lavori degli altri studiosi che, prima di lui, avevano analizzato il medesimo tema.

Se il Caselli, secondo le parole di Rodante, ha compiuto i suoi studi “con acutezza d’indagine”, dando vita così a “uno studio assai serio”, le ricerche compiute da Barbet sono indicate come “compiute magistralmente”, frutto di una “precisa descrizione”, e i coaguli di sangue sulla nuca sono stati “studiati assai bene” da G. Judica Cordiglia e da G. Caselli.

E se capita che le sue osservazioni lo abbiano condotto a conclusioni differenti rispetto a quelle cui sono pervenuti altri ricercatori, egli non brandisce con supponenza la spada della propria verità, ma chiede che gli si “permetta amabilmente” di dissentire.

Così come anche nel parlare dello scetticismo degli studiosi che considerano i silenzi della Storia sulla Sindone come un’evidente prova della sua non-autenticità, egli afferma che questi “hanno veramente ragione a dar peso a queste gravi lacune”, poi asserendo – ancora una volta in virtù delle sue osservazioni di medico – che la presenza di sangue venoso e arterioso sulla Sindone costituisce “il più importante dettaglio intrinseco che mi costringe a deporre – in maniera incontrovertibile e al di sopra delle lacune storiche effettivamente esistenti – per l’autenticità della Sindone, documento medico-legale”.

Un altro stile, un altro modo di condurre le proprie ricerche, forse risultato di un tempo che non c’è più o, forse – come credo – frutto di una profonda onestà intellettuale che emerge da ogni riga del lavoro di questo studioso.

Uno studioso che ha avuto il coraggio di mettere in discussione le proprie certezze (egli infatti inizialmente non credeva all’autenticità della Sindone) e, attraverso questa costante osservazione della realtà, portare avanti con altrettanto coraggio le proprie tesi, documentandole in maniera impeccabile e anche ammettendo (cosa oggi forse inaudita, o comunque molto rara) che “Le esperienze personali […] forse non saranno condivise da studiosi più attenti, che potranno addurre argomentazioni diverse e più accettabili”.

Mi si permetta un’ultima considerazione, questa volta di carattere personale: nel 1986, anno in cui il Dottor Rodante fu co-autore del suo primo libro (La Sindone - La Storia e la Scienza, Edizioni Centrostampa, Torino), io nascevo. E questa curiosa coincidenza mi induce a una riflessione: è doveroso per noi, nuove generazioni, raccogliere il testimone dei grandi maestri che ci hanno preceduti e che, con il loro sguardo attento, hanno scrutato la Sindone. È un fardello pesante, certo, soprattutto in un mondo che ogni giorno di più sembra andare nella direzione opposta a quella indicata da Cristo. Ma è un’eredità che dobbiamo raccogliere, sforzandoci di condurre ogni ricerca con la stessa trasparenza e onestà che ha dimostrato il Dottor Rodante.

Con la fiduciosa consapevolezza che gli occhi di quel volto impresso sul lenzuolo non smetteranno mai di accompagnarci, ovunque noi andremo.

 


 
Flavia Manservigi
 
Delegato
per il Nord Italia
Centro Internazionale di Sindonologia
Torino

 

                   
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