Ricordare
Sebastiano Rodante
(1924 - 2016)

 

Sebastiano Rodante, maestro ed amico

“La Sindone è come una droga, ma a differenza di quelle che portano alla distruzione del corpo, questa lo fa rivivere”.

Furono queste le prime parole, che Sebastiano Rodante, mi disse un pomeriggio d’estate nella sua assolata Siracusa. Mi ero recato nella città Aretusea, sospinto dalla voglia di sapere qualcosa di più sulla Sindone, dopo che l’allora Segretario del Centro Internazionale di Sindonologia, (era il 1986) Don Piero Coero Borga, aveva risposto alla mia richiesta volta a conoscere se in Sicilia fosse presente qualche persona, che si occupasse del telo torinese in forma ufficiale. Adesso, lo scrivere queste righe non è assolutamente facile, perché quella che pensavo fosse una frase ad effetto, nascondeva invece una grande verità, che è ancora luminosa a 31 anni da quelle parole. Altri valenti esperti, ricorderanno il Rodante attraverso le sue ricerche, il dedicarsi anima e corpo a rispondere ai quesiti che assillavano la sua mente. Il mio modesto contributo invece vuole fare venire alla luce il Rodante Uomo, il Rodante amico, il Rodante che forse mai ti saresti aspettato di conoscere, perché affascinato dalla presenza di altissimo livello in ambito scientifico. Ho avuto invece il privilegio di scoprire nel tempo un altro Sebastiano Rodante, quello che ha conosciuto la sofferenza e che tramite questa sofferenza dedicava la sua vita ad alleviare sofferenze altrui, quella dei bambini in particolar modo, piccoli angeli che nelle sue mani di pediatra ritrovavano il sorriso. Droga che fa rivivere il corpo, droga che evidentemente era in grado di fornire al medico siracusano, enormi scariche di adrenalina, ogni qualvolta parlava ad un uditorio più o meno numeroso della Sindone. Eppure, quando lo si ascoltava, rimaneva impresso quel tono pacato, dolce, quella cadenza che permetteva a chiunque, anche a chi avesse poca confidenza con l’oggetto trattato, di comprendere argomenti davvero complicati. La sorpresa fu grande la prima volta che rimasi con lui anche dopo un incontro, e me ne meravigliai parecchio, quando al termine della sua relazione, arrivato a casa, lo vidi prepararsi un bicchiere d'acqua nel quale versò alcune gocce di Lexotan (Sebastiano le chiamava “Lexotan Sindoniche”), che avevano lo scopo di fare defluire tutte le sensazioni, tutte le emozioni vissute durante la durata della sua conferenza. A casa mia, avevamo imparato tutto questo, tanto che ogni qualvolta Rodante era nostro ospite, non mancavano mai quelle gocce, anche se, grazie alla sua proverbiale precisione, la nostra era solo una preoccupazione dettata dallo scrupolo, perché sapevamo benissimo che difficilmente le avrebbe dimenticate. Rodante, maestro paziente, pronto a rispondere a tutte le mille domande che ogni volta gli ponevo, Rodante convinto assertore dell’autenticità della Sindone, sebbene fosse partito da un’idea contraria. Più studiava, più sperimentava, più si convinceva. Non ha mai avuto problemi nell’ammettere queste sue convinzioni, anche per questo motivo era preso di mira da studiosi di area scettica che ne criticavano le conclusioni alle quali era arrivato nel tempo. Lui andava avanti, sapendo di non dovere dimostrare niente a nessuno, ma tenendo ben presente che la sua era, sì, una voce autorevole, ma non definitiva. Ricordo quando mi telefonò nel settembre del 1997, pregandomi di recarmi da lui perché voleva condividere con me la grande emozione provata nell’essere riuscito a realizzare un volto similsindonico, da lui definito “Uguale all’originale”, attraverso i raggi solari. Quando mi trovai davanti a quel pezzo di tela, davvero suggestiva, vidi un uomo che per la prima volta pensava di non potere andare oltre nelle ricerche. “La scienza si deve fermare, ma questo può bastare a fare capire che all’improvviso, all’interno del sepolcro, qualcosa di straordinario deve essere successo”. Spesso e volentieri, parlando di quelle esperienze che avevano avuto un iter lungo parecchi anni, raccontava di quella sensazione, di quei brividi, tanto che più di una volta nella mia mente avevo la tentazione di sovrapporre questa emozione a quella provata da Secondo Pia nel 1898, quando si rese per la prima volta conto di cosa rivelasse la lastra negativa da lui utilizzata per fotografare la Sindone. Il mondo doveva conoscere questa sua scoperta tanto che si preparò con una meticolosità particolare alla relazione che avrebbe tenuto il 5 giugno del 1998 durante la prima giornata dei lavori del III Congresso Internazionale sulla Sindone, che avrebbe rappresentato per tutti gli studiosi, il momento più importante dell’Ostensione di quell’anno, dopo la visita di Giovanni Paolo II avvenuta pochi giorni prima. Rodante non si mostrò particolarmente entusiasta del fatto che inizialmente, ad ogni relatore erano stati concessi 8 minuti per esporre il proprio lavoro. “Non basterebbero nemmeno per l’introduzione” mi diceva. Fortunatamente, fu uno dei pochissimi studiosi a potere parlare per qualche minuto in più (16), tempo certamente non ottimale, ma sufficiente per mostrare a tutti quello che all’epoca fu certamente il massimo contributo fino ad allora espresso in tema di meccanismo di formazione delle immagini corporee presenti sulla Sindone. Seduto accanto a lui, quando terminò la relazione, gli chiesi se fosse soddisfatto. Lui mi sorrise, ma leggevo nei suoi occhi che, se avesse potuto, avrebbe parlato per parecchio tempo in più. Legatissimo al Centro Internazionale di Sindonologia, era particolarmente fiero della carica di Delegato Regionale che ricopriva dagli anni 80 dello scorso secolo. Ha sempre amato il Centro, voleva che la Sicilia ne fosse consapevole, tanto che creò numerosi gruppi di studio, che si trovavano quasi tutti nella parte Orientale dell’isola (Catania, Ragusa, Modica, Acireale, poi Messina) tranne uno, quello di Partinico, città ad una trentina di chilometri da Palermo, che avevo l’onore di guidare. Quando mi parlò di questa idea, rimasi sorpreso, non che non lo desiderassi, ma essendo da solo, perché utilizzare il termine “Gruppo”? Rodante mi rispose prontamente in Siciliano. “Picchì iu un sugnu nenti?” (Perché io non sono nessuno?). “Amu a travagghiari in Sindonia” (Dobbiamo lavorare in “Sindonia”), “e allura…ammuttamu!!!” (E allora…forza, andiamo avanti!!!). Quell’essere in Sindonia diventò un suo modo di esprimersi che tanto gli piaceva e che mi vide al suo fianco in alcuni convegni organizzati qui in Sicilia (Borgetto, Partinico, Trapani, Palermo, Calatafimi). Rodante amava i giovani e per loro organizzammo un seminario di studi dalla durata di due giorni, che fu onorato dalla presenza di un altro “grande” della Sindonologia recentemente scomparso, il carissimo Mario Moroni. Quando pensò che fossi pronto per partecipare a qualche convegno nazionale, fece di tutto affinché mi recassi a Rovigo con lui nel 1996, dove conobbi personalmente quei nomi prima a me noti solamente attraverso le loro pubblicazioni. Voleva che fossi sempre al suo fianco, voleva che ascoltassi attentamente le opinioni di chi stava a conversare con lui. Era il suo modo di farmi comprendere che l’esperienza diretta valeva quanto, se non più, della lettura di un libro. “Non ci sono filtri” mi diceva, “ la voce esprime sempre ciò che viene dal cuore”.

Maestro sensibile e buono, passava ore intere a sistemare l’ordine delle diapositive che poi avrebbe utilizzato nelle conferenze. Diapositive che si preparava da solo, riuscendo con la sua reflex a catturare ogni piccolo particolare dell’oggetto che voleva ritrarre, per non parlare degli schemi, delle elaborazioni da lui preparate, (penso ad esempio all’importante studio sulla coronazione di spine) e che poi dovevano essere leggibili dall’uditorio presente ai suoi incontri. L’apparecchio che avrebbe proiettato quelle diapositive era per lui uno strumento prezioso al quale dedicava tutte le cure possibili, tanto che non permetteva a nessuno di avvicinarsi mentre cambiava il caricatore (ogni volta ne utilizzava tre o quattro). Mi viene da sorridere all’idea di come siano cambiate le attrezzature tecnologiche nelle conferenze di oggi. Eppure non riesco ad immaginarmi Rodante in questa veste. Lui è stato assoluto protagonista di quella Sindonologia “romantica” che oggi, purtroppo è quasi scomparsa, per l’avvento di nuove forme di comunicazione 20 anni fa inimmaginabili. Rodante si è fatto avvolgere nel cuore dal mistero del Cristo, che ha cercato di fare rivivere attraverso le sofferenze dell’Uomo Sindonico, lui che, come detto, di sofferenze ne sapeva qualcosa. Quella sofferenza era forse il suo essere in “Sindonia” con l’Uomo dei dolori, quella sofferenza gli faceva urlare in cuor suo “Ammuttamu!!!”, quella sofferenza che non lo ha mai fatto arrendere fino a quando gli è stato possibile controbattere alle voci critiche.

La figura di Ianuzzu resta per noi studiosi della Sindone che lo abbiamo conosciuto, un punto di riferimento per la sua grandezza morale, per la figura integerrima, per la grande bontà. Lascia una grande eredità ai Sindonologi di oggi, che mi auguro non vada dispersa. Da parte mia, restano mille ricordi, oltre all’enorme affetto verso colui che come un padre mi ha “educato” alla materia, che ha trascorso ore e ore a dissipare i miei dubbi, a farmi comprendere argomenti per me inizialmente “complicati”, a non assuefarmi a quella “droga” alla quale attingo per trovare quella serenità interiore, quella voglia di andare avanti di cui gli sono debitore.

Grazie Sebastiano…

“Ammuttamu!!!”.

 


 
Roberto Vitale
 
Membro Delegazione
per il Sud Italia e la Sicilia
Centro Internazionale di Sindonologia
Torino

 

                   
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